Fonte www.anffasbrescia.it - La quasi totalità dei regolamenti comunali in materia di accesso ai servizi (in alcuni casi si tratta di regolamenti, in altri di piani socio-assistenziali) prevede che la persona con disabilità che utilizzi un servizio possa disporre di una somma per le spese personali. Si tratta, in genere, di piccole o piccolissime somme mensili (mediamente tra € 50/70, sino ai – rarissimi – casi in cui la somma a disposizione può superare i 100 Euro mensili, concessi però in casi particolari – solitamente non specificati) ricavate dalle provvidenze economico-assistenziali (pensione di invalidità, indennità di accompagnamento) di cui beneficia la persona.

In alcuni casi i Comuni prevedono addirittura che alla persona non rimanga nulla a disposizione, in quanto ogni bene e avere deve essere impiegato per il pagamento della retta. Una situazione che accade sempre più spesso di incontrare, soprattutto laddove la persona frequenti un servizio diurno (CDD – centro diurno per persone con disabilità, CSE – centro socio educativo, o SFA – servizio di formazione all'autonomia) oltre che il servizio residenziale.

Tralasciando qui ogni considerazione in merito alla questione "compartecipazione al costo", e concentrandosi invece sul tema delle somme che devono essere lasciate a disposizione della persona per far fronte alle proprie esigenze, ANFFAS sostiene da sempre che l'unico modo per stabilire l'entità di tale somma è la redazione del progetto individuale, che identifichi non solo le esigenze di ordine materiale (p.e. vestiario), ma anche le esigenze (noi preferiamo sempre definirli con il loro nome: diritti) di tipo immateriale (p.e. una vita di relazione che concorra a mantenere dignitosa la vita della persona).

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27 giugno 2013