Fonte Press-In/Sole 24 Ore - I tre giorni al mese di permesso retribuito per assistere familiari con gravi disabilità possono essere chiesti anche per parenti o affini entro il terzo grado se costoro non hanno coniuge o genitori che possono assisterli.

Rispondendo con l'interpello 19 del 26 giugno al quesito posto dalle associazioni Anquap e Cida, il ministero del Lavoro chiarisce che questa è l'unica condizione e non rileva che vi siano altri parenti o affini, di grado inferiore che potrebbero assistere la persona con disabilità. Perché il lavoratore possa chiedere i tre giorni di permesso per assistere un parente o un affine di terzo grado è sufficiente, quindi, che i genitori o il coniuge della persona che necessita dell'assistenza si trovino in una delle seguenti condizioni: abbiano compiuto i sessantacinque anni di età; siano anche essi affetti da patologie invalidanti; siano deceduti o mancanti. Per mancanti si intende non solo l'assenza naturale o giuridica, ma ogni altra condizione certificata dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale divorzio, separazione legale o abbandono.

Si ricorda, peraltro, che sono parenti di terzo grado i bisnonni, i pronipoti, gli zii, i nipoti (figli di sorelle e fratelli), e sono affini di terzo grado i parenti (dello stesso grado) del coniuge.

Non possono essere riconosciuti permessi a più lavoratori per assistere la stessa persona: si tratta del cosiddetto "referente unico" introdotto dall'articolo 24 della legge 183 del 2010, che ha profondamente modificato la materia. Il referente può essere cambiato, anche temporaneamente, ma è necessario presentare una specifica istanza. Potrebbe essere il caso, abbastanza comune, del trasferimento di residenza presso un altro familiare che assume, quindi, il compito dell'assistenza e può chiedere i relativi permessi a condizione, ovviamente, che sussistano i presupposti soggettivi.

In deroga al requisito del referente unico, i genitori, anche adottivi, di figli con disabilità grave, possono fruire dei permessi alternativamente, rispettando il limite dei tre giorni riferiti alla persona con disabilità.

In questo senso si è pronunciata l'Inps con la circolare 155/2010, riconoscendo il diverso ruolo che i genitori esercitano sul bambino rispetto agli altri familiari. Un lavoratore può,peraltro, chiedere permessi per assistere più familiari con grave disabilità, se si tratta del coniuge o di un parente o affine entro il primo o il secondo grado e se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età, oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

In alternativa ai permessi, il coniuge, o in mancanza il padre o la madre anche adottivi, o, mancando anch'essi, uno dei figli conviventi, o in ultima alternativa, uno dei fratelli o sorelle conviventi, per assistere la persona può richiedere il congedo straordinario indennizzato, disciplinato dall'articolo 42 del Dlgs 151/2001.

Per fruire dei permessi è regola generale che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno in una struttura. Tuttavia i permessi possono essere richiesti in caso di necessità del portatore di grave disabilità di recarsi fuori dalla struttura per effettuare visite o trattamenti terapeutici, o nel caso in cui sia certificata l'esigenza del disabile di essere assistito dai genitori o da un familiare, ipotesi questa che era precedentemente prevista per i soli minori.

I permessi possono essere chiesti anche da lavoratori che risiedono in luoghi distanti dalla residenza della persona da assistere, purché vi siano i presupposti affinché l'assistenza sia comunque adeguatamente garantita e il lavoratore produca i titoli di viaggio. La concessione dei permessi è strettamente collegata alla necessità dell'assistenza, il diritto agli stessi decade ogni qualvolta l'esigenza venga meno.

1 luglio 2014