Fonte www.personaedanno.it - Sono molti i giovani con disabilità che hanno ricevuto una formazione di livello, grazie alla tradizione di inclusione scolastica del nostro Paese, alla quale, peraltro, non (sempre) corrisponde poi un effettivo inserimento sociale. La difficoltà di ottenere un lavoro e, dunque, un posto nella società, contro cui sono costretti a scontrarsi tutti, giovani e non solo, soprattutto nei momenti di crisi, diventa impossibilità vera e propria per le persone con disabilità.

Quando invece il lavoro costituisce per tutti, oltre che un diritto (costituzionalmente riconosciuto), anche un'occasione di dignità ed un'opportunità unica per il proprio futuro: per realizzarsi come persone, per sviluppare le proprie potenzialità e soddisfare bisogni ed aspirazioni. Anche per chi ha qualche problema - fisico, psichico, intellettivo, non importa. L'ordinamento si preoccupa di fornire le garanzie di legge, ma il collocamento obbligatorio delle categorie protette spesso si traduce in esperienze poco positive, talvolta addirittura mortificanti, e risponde comunque ad una impostazione di tipo assistenziale e paternalistica, che mira solo a proteggere e mai anche a valorizzare.

Pensare alla persona come una chance, ed a prescindere da eventuali limitazioni e condizionamenti: questa deve essere la prospettiva, questo dev'essere l'approccio. D'altronde è per le loro opere che sono ricordati pittori come Van Gogh e Gaugin o compositori come Schumann e Tchaikovsky, e non certo per le patologie psichiche da cui erano affetti. Molti nemmeno lo sanno del disturbo bipolare di leader politici come Churchill e di scrittori come Hemingway e Baudelaire, Virginia Wolf, Hermann Hesse, Edgar Allan Poe. Facile per loro, si potrebbe pensare: si tratta di "geni", di persone "eccezionali"... Ma la persona non è il suo problema, mai. Questo vale, deve valere per tutti... anche per le persone "normali" (bello che in questo caso la definizione "normale" non attenga ma prescinda dalla presenza o meno di una qualche disabilità!).

Proprio per dare risposta ad alcune delle tante storie di persone con disabilità alla ricerca di un impiego e, più profondamente, di un posto nel mondo, è nata "Pane, amore e fantasia". Una paninoteca nel cuore di Trastevere, con sei tavoli e quindici coperti in tutto, che quattro disabili mentali, che da più di cinque anni cercavano occupazione senza successo, aprirono all'inizio degli anni '90 insieme ai loro amici della Comunità di Sant'Egidio. Insieme davvero: gli stessi disabili erano tra i soci fondatori della cooperativa sociale costituita per gestire l'attività. Scelsero il settore della ristorazione per la vocazione turistica della Città eterna, nell'ottica di realizzare un'iniziativa in grado di rispondere a bisogni reali e con concrete possibilità di divenire redditizia. Si trattava di offrire ai disabili non soltanto un lavoro, ma la possibilità di "costruire un'impresa di successo a partire da loro stessi". La sfida è stata vinta.

Dopo qualche anno l'attività si è allargata: i coperti sono diventati cento e sono più che raddoppiati gli impiegati con disabilità. E' nata, così, la "Trattoria de Gli Amici", esempio di ristorazione di qualità in un ambiente umano accogliente, caratterizzato da simpatia ed amore per il lavoro. La scelta di fondo, che contraddistingue tuttora l'attività, è nel senso non solo dell'inclusione all'interno della realtà imprenditoriale di personale "svantaggiato" (per cui sarebbe sufficiente la percentuale del 30%), ma proprio di rendere le persone con disabilità il cuore stesso dell'attività imprenditoriale.

Quattro lavorano in cucina collaborando con lo chef e nove (su tredici camerieri) servono in sala, dove sono esposte opere di artisti con disabilità, che esprimono un mondo di sentimenti, pensieri, aspirazioni, altrimenti imprigionato da problemi fisici e difficoltà espressive. Si tratta di una normale impresa economica, caratterizzata da professionalità e produttiva di utili, peraltro finalizzati all'autofinanziamento e ad alimentare un sistema di lavoro etico e solidale. Una normale impresa economica che si trova a confrontarsi con la concorrenza degli altri locali, da cui non si differenzia molto.

Salvo che per le proprie specificità, che sono ben valorizzate: la percezione della disabilità come valore aggiunto, anche nel lavoro; la particolare atmosfera che si respira, un clima sereno e gioviale; motivazione, entusiasmo; mancanza di competitività, collaborazione. Gli impiegati con disabilità arrivano puntualissimi, spesso in anticipo, nonostante le distanze. Sono cortesi, premurosi con i clienti, attenti alle persone; sono sempre disposti a correggersi e a migliorare. Hanno grande senso di responsabilità e di appartenenza; sono fidati e grati, in quanto sentono riconosciuta la propria dignità di persone e di lavoratori. Il che ha delle forti ricadute anche in termini economici e commerciali, di aumento della redditività e produttività.

Redditività e produttività che sono presenti all'interno della Trattoria (la quale, anche in tempi di crisi, riesce a mantenere il bilancio in attivo e ad assumere nuovi dipendenti disabili), sebbene siano altri gli elementi caratterizzanti: il senso di famiglia, di amicizia, di affetto, aiuto, sostegno.

Sulle magliette dei camerieri c'è scritto: "Abile? Idoneo? Capace?" (domande che potrebbero essere rivolte a chiunque); la risposta: semplicemente "Amico". Non sono solo parole. Si avverte il sapore di questo ingrediente in più, l'Amicizia, che non nasconde la disabilità e non elimina i problemi (amministrativi, organizzativi, sociali), ma mette tutti nelle condizioni ottimali per esprimere e sviluppare le proprie potenzialità, e - come dice il manifesto de Gli Amici - "non mette nessuno da parte e tira fuori il meglio di ognuno".

Ecco il nuovo approccio, la nuova cultura, la nuova concezione della disabilità: definita non tanto da menomazoni fisiche o intellettive o capacità di compiere o meno certe attività, ma dal contesto in cui si vive e dalle relazioni umane e sociali che si creano. Il superamento dell'handicap, inteso come incapacità di interagire con la società, mettendo a frutto le proprie potenzialità. La disabilità come risorsa anche nel mercato del lavoro.

L'esperienza di coraggio imprenditoriale ed innovazione sociale della Cooperativa "Pulcinella - lavoro" negli anni ha costituito fonte di ispirazione per diversi imprenditori, il modello è stato replicato anche in altre città ed in contesti differenti.

Ha dato vita, inoltre, ad un corso di formazione per commis di sala e cucina, denominato "Valgo anch'io", sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato in collaborazione con importanti aziende commerciali e professionisti del settore della ristorazione, che ha coinvolto oltre un centinaio di giovani con disabilità di Roma, Bari e Novara, con docenze teoriche e pratiche, finalizzate all’inserimento lavorativo (a Roma hanno trovato lavoro in alcune mense scolastiche e universitarie e in grandi ristoranti).

Conseguentemente è stato anche lanciato un bollino con l'indicazione "Valgo Anch'io", come nuovo marchio di qualità nella ristorazione, che indica l'inclusione di lavoratori con disabilità. Analogamente al bollino del Gambero Rosso, stampato su un adesivo ed attaccato all'entrata dei ristoranti, ha la funzione di indicare alla clientela la qualità della struttura: in tal caso qualità sociale, data dalla presenza di lavoratori con disabilità. Esperienze come queste costituiscono esempi virtuosi e sono particolarmente significativi, in quanto dimostrano che la disabilità non è di per sé un ostacolo insormontabile, ma che anzi si può trasformare in occasione di originalità e competenze.

6 agosto 2015