di Carlo Giacobini*
Il rinnovamento
culturale - si sa - ha i suoi tempi, ma la copertura economica no: serve subito,
dal momento che le persone con disabilità hanno necessità ora e qui di servizi,
assistenza e garanzie. Ripensando alla Terza Conferenza Nazionale sulle
Politiche della Disabilità di Torino, appare quindi stridente il contrasto tra
la celebrazione governativa (e non) dei rinvigoriti diritti sanciti dalla
Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e la deriva
dell'impegno economico a favore di queste ultime, dei non autosufficienti e
delle loro famiglie, come ben dimostra la sostanziale scomparsa del Fondo
Nazionale per le Politiche Sociali e di quello per la Non Autosufficienza
Siamo reduci dalla Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la
Disabilità di Torino (2-3 ottobre). Alla kermesse hanno partecipato, con grande
schieramento, molti rappresentanti associativi e operatori pubblici e del
privato sociale. Decisamente sottodimensionata la presenza governativa. Oltre
infatti alla costante presenza del sottosegretario Eugenia Roccella, il ministro
Maurizio Sacconi si è limitato all'invio di un "contributo filmato",
sottolineato dai fischi della platea. Altri parlamentari, di maggioranza o di
opposizione, non se ne sono visti.
La Conferenza è stata sapientemente
direzionata verso la celebrazione della nuova Convenzione ONU sui Diritti delle
Persone con Disabilità, ratificata in Italia dalla Legge 18/09. In tal senso,
nei gruppi di lavoro e nell'assemblea plenaria sono stati evidenziati con la
giusta enfasi i diritti che la Convenzione introduce (o ribadisce) e la
"rivoluzione" che le nuove disposizioni comporteranno nell'elaborazione
normativa e delle politiche a favore delle persone con disabilità.
E a
dimostrazione dell'interesse del Governo per questo nuovo caposaldo normativo,
si è orgogliosamente annunciato l'imminente insediamento dell'Osservatorio
Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, previsto espressamente
dal terzo articolo della Legge 18/09, al fine di «promuovere la piena
integrazione delle persone con disabilità in attuazione dei princìpi sanciti
dalla Convenzione [...], nonché dei princìpi indicati nella Legge 5 febbraio
1992, n. 104».
Diritti umani, diritti civili, diritti all'inclusione nella
scuola, nel lavoro, nella società non saranno più un miraggio, ma una
concretezza esigibile per un paio di milioni di cittadini italiani con
disabilità e per le loro apprensive famiglie. O almeno questo è stato il
tranquillizzante messaggio che è passato...
Una "scomparsa per dissolvenza".
Ma mentre le parole di speranza, di incoraggiamento, di celebrazione e di
raccomandazione hanno tenuto la scena, quelle di critica e di realismo sono
passate in sordina. Le politiche attive per le persone con disabilità
necessitano anche di una copertura economica - oltre che di un rinnovamento
culturale - per traghettare il welfare da logiche pietistico-assistenziali e
"risarcitorie" a strategie che rendano esigibili i diritti soggettivi. Il
rinnovamento culturale - si sa - ha i suoi tempi. La copertura economica no:
serve subito. Le persone hanno necessità ora e qui di servizi, assistenza,
garanzie. Appare quindi stridente il contrasto fra la celebrazione governativa
(e non) di rinvigoriti diritti e la deriva dell'impegno economico a favore delle
persone con disabilità, dei non autosufficienti e delle loro famiglie. Le prove
evidenti di questo disimpegno - a volerle vedere - sono nero su bianco nelle
Gazzette Ufficiali e nelle stesse fonti governative. Prove che, con abilità
prestidigitatoria, vengono nascoste a un grande pubblico purtroppo sempre più
distratto da escort e veline. La storia del Fondo Nazionale per le Politiche
Sociali e di quello per la Non Autosufficienza è un macroscopico esempio di
"scomparsa per dissolvenza". Il Fondo Nazionale per le Politiche SocialiIl Fondo
Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), istituito inizialmente dalla Legge
449/97 e ridefinito dall'articolo 20 della Legge 328/00, dovrebbe essere la
fonte nazionale di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle
persone e alle famiglie, così come previsto dalla Legge Quadro di riforma
dell'assistenza (la Legge 328/00, appunto). Il Fondo, nelle intenzioni, va a
finanziare un sistema articolato di Piani Sociali Regionali e Piani Sociali di
Zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla
persona rivolti all'inclusione dei soggetti in difficoltà o comunque
all'innalzamento del livello di qualità della vita. Questo significa che gran
parte del Fondo dovrebbe essere destinato alle Regioni che a loro volta lo
direzionano agli Enti Locali o agli stessi Comuni per attività reali di sostegno
alle persone. Fra il 2000 e il 2006 gli stanziamenti sono rimasti
sostanzialmente stabilizzati attorno ai 1.600 milioni di euro. In realtà, una
buona metà del fondo se ne va all'INPS «per il finanziamento degli interventi
costituenti diritti soggettivi» e cioè per permessi lavorativi (articolo 33
della Legge 104/92), per assegni di maternità, assegni al nucleo familiare,
indennità a favore dei lavoratori affetti da talassemia major ecc. Solo la metà
viene trasferita alle Regioni e ai Comuni per interventi diretti in ambito
sociale (non solo destinati alle persone con disabilità).Nel 2008 lo
stanziamento scende, per la prima volta, sotto i 1.500 milioni di euro (fonte:
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali). Ma la vera
sorpresa è per il 2009, 2010 e 2011: il Fondo ha una decisa retrazione (fonte:
Legge 203/08, Gazzetta Ufficiale, Supplemento ordinario 285/L, pagina 54). Nel
2009 sono stanziati 1.355 milioni, che diventano 1.070 per il 2010 e solo 960
nel 2011. Nel 2010 ci saranno quindi, rispetto al 2007, circa 700 milioni di
meno. Tenuto conto che circa 750 milioni andranno all'INPS per le spese di cui
abbiamo parlato, è evidente quanto rimane per le politiche attive previste dal
Fondo e destinate agli Enti Locali e alle Regioni. Questi sono dati certi che
trovano testimonianza in documenti ufficiali. Ma non è finita!
Il Fondo
Nazionale per le Politiche Sociali è una di quelle voci di spesa contemplate nel
Bilancio dello Stato la cui quantificazione è demandata annualmente alla Legge
Finanziaria. Si tratta di voci riassunte nella Tabella C delle disposizioni per
la formazione annuale e pluriennale dello Stato. Recentemente il ministro
Tremonti ha più volte affermato che alcune discusse operazioni di "drenaggio
fiscale" ("scudo fiscale" e tassazione dei depositi aurei delle aziende)
forniranno risorse in più per le famiglie e per le imprese. In realtà non è
così, o almeno non è questo che le norme approvate dal Parlamento prevedono.
L'articolo 14 della Legge 102/09 consente infatti al Ministero dell'Economia di
ridurre alcuni stanziamenti della Tabella C (fra cui quelli relativi al Fondo),
nel caso lo Stato non riesca ad ottenere il gettito previsto dalla tassazione
sulle plusvalenze su oro non industriale di società ed enti. Quindi la realtà è
che se il "drenaggio fiscale" non dovesse funzionare come auspicato, le risorse
per il sostegno alle imprese e soprattutto alle famiglie diminuiranno
ulteriormente. Il che è significativamente diverso da quanto affermato dal
ministro dell'Economia.
Il Fondo per le Non Autosufficienze. Il Fondo
Nazionale per le Politiche Sociali, come già detto, non si occupa solamente
delle persone con disabilità. In alcuni casi, infatti, le risorse sono state
considerate senza vincolo di destinazione (ad esempio si è usato il Fondo per
fronteggiare l'emergenza - o almeno così era stata considerata - della
cosiddetta "mucca pazza"). Nel 2006, quindi, si pensa di fronteggiare
l'emergenza - stavolta vera e concreta - delle persone non autosufficienti, vale
a dire quella dei cittadini disabili con maggiore, e spesso drammatico, carico
assistenziale. Si istituisce perciò uno specifico Fondo per le Non
Autosufficienze (articolo 1, comma 1264, della Legge 296/06), subito contestato
per l'incongruità della copertura finanziaria rispetto alle esigenze che
dovrebbe affrontare.Al Fondo viene assegnata la somma di 100 milioni di euro per
l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
L'articolo 2, comma 465 della Legge 244/07 ha incrementato il Fondo di 100
milioni di euro per l'anno 2008 e di 200 milioni per l'anno 2009. Pertanto: 100
milioni per il 2007, 300 milioni per il 2008, 400 milioni per il 2009.
Altra
amara sorpresa: per il 2010 e gli anni a venire la voce Fondo per le Non
Autosufficienze non compare più nei bilanci di previsione. Non se ne trova
traccia nella Finanziaria del 2010 appena approvata. In sostanza, il Fondo per
le Non Autosufficienze non esiste più.
Qando dunque si tratta di ratificare
la Convenzione, l'attenzione è massima e lo è pure se si devono costituire
tavoli e osservatori. Essa difetta però, se quei diritti bisogna pure sostenerli
concretamente con la carta filigranata.
Scuse infondate i fronte a questa
innegabile e ingiustificabile retrazione della spesa, le "scuse" rimangono
accettabili fintanto che qualcuno non ne fa notare l'insostenibilità. Il Fondo
per le Non Autosufficienze era stato previsto dalla legge solo per tre anni:
falso! La norma istitutiva non indica nessuna sperimentalità del Fondo e nessun
limite temporale. Come di prassi per qualsiasi altro Fondo, provvede allo
stanziamento nei primi tre anni, rimandando alla volontà politica successiva gli
ulteriori stanziamenti. No: la cessazione di questo Fondo è una scelta politica,
non dettata da vincoli normativi, su cui, per altro, il Parlamento ha potere di
modifica.
- Il Governo ha previsto altre forme di sostegno alla non
autosufficienza: fuorviante! In realtà esiste un Fondo strategico per il Paese a
sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri con il Decreto Legge n. 185 del 29 novembre 2008 (articolo 18, comma 1,
lettera b-bis), convertito, con modificazioni, dalla Legge 2/09. L'articolo
22-ter della Legge 102/99 prevede poi che quel Fondo sia incrementato di 120
milioni di euro nell'anno 2010 e di 242 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2011, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con
particolare attenzione alla non autosufficienza. Quali siano però i criteri e le
modalità, quanto vada alla non autosufficienza e quanto al resto, lo stabilirà
non il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ma la
Presidenza del Consiglio dei Ministri. E in ogni caso c'è una bella differenza
tra i già insufficienti 400 milioni destinati alla non autosufficienza e una
"parte incognita" di 120 milioni accantonati in un Fondo che nulla ha a che
vedere con i problemi reali e drammatici delle famiglie in cui è presente una
persona con disabilità grave.
Non bisogna guardare a questi tagli, che hanno
un'importanza relativa, ma al modo in cui viene gestito il Fondo Sanitario
Nazionale, laddove occorre razionalizzare e recuperare in efficienza, con
eccellenze qualificate negli ospedali per il trattamento delle fasi acute e
presa in carico della persona a livello territoriali con servizi decentrati:
discutibile. Molto. Si torna alla sanitarizzazione di un bisogno che non ha
prevalenza sanitaria, con i rischi che le varie necessità della persona non
vengano affatto affrontate nel loro contesto, ma in realtà ospedalizzate. Ancora
una volta si "crede" a un Servizio Sanitario Nazionale, ma non a un Servizio
Sociale Nazionale. Ed è vieppiù un'affermazione ben dura da sostenere nel
momento attuale: i commissariamenti e i piani di rientro delle Regioni tagliano
orizzontalmente e senza alcuna valutazione di merito l'assistenza
socio-sanitaria alle persone con disabilità, specie a quelle più gravi (dal 10
al 30%).Le risorseAlla fine la risposta più sconsolata è: «mancano le risorse».
Viene cioè evocata quella stessa crisi di cui non si può più parlare, pena
essere tacciati di "disfattismo" o di "anti-italianità".In un momento difficile
per il Paese, ad essere in maggiore difficoltà sono le famiglie che sono sempre
più impoverite (fonte: La povertà in Italia nel 2008, Istat, 2009), anche dalle
spese assistenziali di cui devono farsi carico. Non ci si indebita solo per
comprarsi la TV al plasma o per andare in vacanza in Paesi esotici o per
impossessarsi dell'ultimo modello di auto (pur eco-rottamo-incentivata). Sono
molte, moltissime, le famiglie che si indebitano o rinunciano a tutto, per
pagare l'assistenza ai propri familiari, per compartecipare alla spesa, per
pagare e regolarizzare le badanti e tanto altro.La vecchia scusa delle risorse è
dunque insostenibile, soprattutto da parte di chi evoca le salvifiche proprietà
della "finanza creativa". Ma come? L'INPS ha testé dichiarato che grazie al
contrasto dei "falsi invalidi" si recupereranno, a regime, 100 milioni di euro
all'anno. Vogliamo restituirli, per contrappasso, ai veri invalidi?
Oppure
l'azione, condivisibile nei fini, promossa dal ministro Brunetta contro le
elusioni in materia di permessi lavorativi, produrrà un risparmio per l'Erario.
Vogliamo restituirlo a chi ne ha davvero bisogno?
E che dire dell'otto per
mille? Se il Governo decidesse di destinare la propria parte alla non
autosufficienza (pubblicizzando questa decisione), troverebbe molte più firme di
contribuenti nel quadratino riservato allo Stato. Ne saremmo tutti, a parte la
Chiesa Cattolica, ben lieti.
Ma al di là di queste soluzioni tampone,
un'emergenza come quella del carico assistenziale (al 90% sulle famiglie) della
non autosufficienza merita di essere trattata come tale ed essere concretamente
affrontata. Con le chiacchiere non si arriva da nessuna parte, ma con il
silenzio ci si ferma ancora prima.
*Direttore editoriale di Superando e
direttore responsabile di HandyLex.org e «HandyLexPress».
(7 ottobre 2009)