Anffas commenta il documento dell'Osservatorio ed avanza delle proposte
In occasione della prossima Conferenza Nazionale della
Famiglia, indetta dal Ministro Giovanardi, Anffas Onlus ha fatto il punto su ciò
che significa "famiglia" e avanza proposte su come ridarle il giusto valore e
collocazione all'interno della società.
scarica la lettera inviata alle istituzioni
Il nostro è un documento partecipato
e sintetizza numerose ed importanti riflessioni emerse nel corso di incontrio e
dibattiti, coinvolgendo anche la rete dei referenti famiglia di Anffas Onlus.
Nell'ottica del "nulla su du noi senza di noi", Anffas lo ha inviato al
Ministro Giovanardi ed a tutte le istituzioni competenti, convinti che possa
contribuire fattivamente ad una ridefinizione delle politiche a favore della
famiglia, a partire dalla Conferenza Nazionale alla quale parteciperà una folta
delegazione Anffas.
Anffas Onlus, Associazione Nazionale Famiglie di Persone con
Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, proprio in considerazione della propria
natura di "Associazione di Famiglie" ed anche al fine di dar voce alle oltre
15.000 persone con disabilità e loro famiglie rappresentate sull'intero
territorio nazionale, ha letto con estremo interesse il documento preparatorio
per la Conferenza Nazionale sulla Famiglia che si terrà a Milano nel prossimo
mese di novembre. Inoltre, dal momento che l'Associazione ha da tempo attivato
una rete di referenti per le politiche per la famiglia operanti direttamente sul
territorio, anche al fine di catalizzare in maniera ancor più efficace le
primarie esigenze e problematiche del maggior numero di famiglie, il documento
in oggetto è stato analizzato in occasione di un incontro di tale rete di
referenti tenutosi a Roma lo scorso 8 ottobre.
Di seguito, pertanto,
convinti, nell'ottica dello slogan "Nulla su di noi, senza di noi!" da tempo
fatto proprio dal movimento delle persone con disabilità, che la partecipazione
dei "diretti interessati" ai processi ed alle scelte che li riguardano sia
l'elemento centrale per garantire l'empowerment (di cui giustamente molto si
parla nel documento stesso) e l'esigibilità dei diritti, riportiamo di seguito
nostre osservazioni e proposte che auspichiamo possano trovare positivo
accoglimento.
Ci preme ribadire che le stesse sono, nostro malgrado, nella
maggior parte riprese da quelle già presentate in occasione dell'ultima
Conferenza sulla Famiglia tenutasi a Firenze nel 2007. Riteniamo che ciò possa
essere oggetto di serie e numerose riflessioni, in quanto indice del fatto che
nei tre anni trascorsi alle richieste ed esigenze delle famiglie al cui interno
sono presenti persone con disabilità, specie intellettiva e/o relazionale, non è
stata fornita pressoché alcuna risposta.
Osservazioni e proposte di carattere generale:
1.L'analisi degli esiti delle politiche
precedenti: nel documento non viene esplicitata l'analisi degli esiti
delle politiche precedenti e/o in corso sulla famiglia, soprattutto in relazione
alla precedente Conferenza Nazionale sulle Politiche Familiari. Il documento fa
inoltre riferimento alle analisi e proposte contenute nella "indagine
conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia" risalente al
2007, in buona "datata" a causa, soprattutto,dei cambiamenti profondi provocati
dalla crisi delle economie e che ha colpito anche il nostro Paese. Riteniamo
importante, invece, che le proposte sullo sviluppo (la cornice prevalente entro
la quale collocare le politiche per la Famiglia) abbiano alla base un quadro
ampio e approfondito della situazione, che tenga conto anche e soprattutto delle
difficili e impervie prospettive sociali a breve/medio termine generate anche
dalla situazione di crisi economica che, in qualche modo, ha scardinato tutti
punti fermi, imponendo un ripensamento delle politiche sulla base delle
"emergenze".
2.Le risorse: rileviamo con interesse
l'esistenza nel documento di una serie di proposte in merito ad iniziative
(incentivi, sostegni, benefici, agevolazioni, creazione di nuove reti di
servizio, potenziamento della rete dei nidi, revisione della rete dei consultori
familiari, sostegno alle imprese, creazione di nuovi enti ed osservatori,
istituzione di un fondo nazionale per il welfare familiare aziendale, etc)
che prevedono un poderoso intervento sulle risorse economiche. Tuttavia,
riteniamo che l'assenza totale nel documento di riferimenti chiari alle risorse
previste ed alle modalità di sostegno economico delle iniziative previste possa
rappresentare, pur ipotizzando una scelta voluta, un evidente limite alla
fattibilità, realizzazione, nonché monitoraggio e verifica, di quanto
prospettato.
3.Le riforme: con riferimento particolare
alle Parti 1 e 3 del Piano riteniamo che le proposte avanzate non possano
assolutamente prescindere dalla definizione e avvio delle le riforme strutturali
entro le quali sono collocate (riforma previdenziale, fiscale, del mercato del
lavoro,del federalismo fiscale). Le politiche familiari devono quindi poggiare
saldamente su tali riforme, in maniera stabile, ponendo al loro centro la
famiglia in modo sussidiario e non assistenzialistico.
4.I
livelli essenziali: all'interno del documento evidenziamo l'assenza di
qualunque tipo di riferimento, diretto o indiretto, ai livelli essenziali di
assistenza (anche con riferimento al relativo concetto costituzionale), sia che
si parli di sanità e sociosanitario (LEA) e sia che si parli di LEP/LIVEAS,
etc.Riteniamo che ciò sia un elemento critico strutturale dell'intera proposta
di Piano. Il nodo da affrontare, infatti, non si esaurisce al "solo" aspetto
delle risorse ma anche della definizione di quali servizi/prestazioni devono
essere garantiti in tutto il Paese (art. 117 Cost.). Ciò vorrebbe dire, quindi
anche spostare l'attenzione primaria non sui servizi e sulle prestazioni da
erogare, ma sulle condizioni di efficacia con le quali il sistema di protezione
sociale in capo alla P.A. sia in grado di garantire nel tempo il governo in mano
pubblica dei processi di presa in carico globale e
continuativa.
5.Il welfare familiare: accogliamo con
favore il concetto contenuto nel documento laddove ci si riferisce al "welfare
familiare sostenibile e abilitante". Tuttavia, però, non ci è chiara la coerenza
tra tale concetto ed altre parti del documento che invece ci appaiono fortemente
ancorate a logiche "liberiste" e basate ancora su un approccio fondamentalmente
risarcitorio e assistenziale (vedi osservazioni specifiche);
6.Il monitoraggio dei provvedimenti legislativi e la valutazione
di impatto familiare della legislazione: riteniamo positivo che nel
documento si accenni alla necessità del monitoraggio e valutazione delle
politiche. Tuttavia, è necessario ribadire che affinché ciò possa essere
pienamente realizzato è fondamentale la partecipazione attiva delle famiglie,
che deve essere quindi prevista, facilitata e poi realizzata. A questo
proposito, ad esempio, riteniamo che le misure proposte laddove si discute del
tema dell'equità fiscale, ed in particolare, del Quoziente familiare pesato,
meritino un serio e condiviso approfondimento e confronto al fine di realizzare
misure quanto più adeguate a sostenere tutte le famiglie e che invece non
producano, come si rischia, ulteriori discriminazioni e disagi. Per quanto
concerne, invece, il monitoraggio delle politiche familiari da svolgersi a cura
dell'ISTAT, riteniamo importante che si rafforzino ulteriormente strumenti
regionali, comunque coordinati e in rete fra loro, che rrilevino e tengano conto
delle diversità territoriali, oggi sempre più accentuate.
Osservazioni e proposte di carattere specifico (famiglie al cui interno sono presenti persone con disabilità, specie intellettiva e/o relazionale)
1.Il linguaggio: all'interno del documento
viene in molti casi utilizzato un linguaggio inadeguato con la ricorrenza
frequente del termine "portatori di handicap". Riteniamo, e ciò non per un mero
formalismo ma al fine di superare definitivamente un approccio ed una visione
della disabilità ormai divenuto arretrato, che non si possa più ignorare quanto
contenuto nel modello della disabilità basato sui diritti umani, che vede la
disabilità come la risultante di una situazione di salute in un ambiente
sfavorevole, promossa dall'OMS già da diversi anni e fatta propria dalla
Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità che, ricordiamo, è
stata ratificata nel nostro Paese con la L. 18/2009. Il modello citato aborrisce
le precedenti definizioni, discriminatorie e cariche di pregiudizio, ed impone
l'utilizzo della definizione "persona con disabilità". E' chiaro, quindi, che
oltre all'utilizzo del linguaggio corretto è assolutamente indispensabile che
l'intero modello della disabilità basato sui diritti umani sia la base e la
guida di ogni intervento/piano/azione in materia. Il punto di partenza, coerente
con i contenuti della Convenzione ONU, deve essere infatti: promuovere
l'inclusione, combattere la discriminazione, creare condizioni di pari
opportunità, abbandonando quindi una concezione "antica" dell'intervento
sociale basata prevalentemente sull'erogazione di servizi e prestazioni, che
pure devono rimanere la struttura portante del sistema di protezione
sociale.
2.Distinzione tra persone con disabilità e persone
anziane non autosufficienti: all'interno del documento le persone con
disabilità sono sempre accomunate alle persone anziane non autosufficienti. E'
assolutamente indispensabile superare questa concezione e occorre comprendere
che le esigenze e condizioni di una persona con disabilità, specie se
intellettiva e/o relazionale, sono del tutto differenti da quelle di una persona
che è divenuta non autosufficiente a causa dell'età e che quindi ha avuto, nella
maggior parte dei casi, la possibilità di costruire attorno a sé proprie reti
familiari e di sostegno (anche di tipo economico), ha prodotto reddito e ha
avuto possibilità di creare risparmi. Inoltre, è assolutamente impensabile
uniformare le esigenze di persone con disabilità, di tutte l'età (quindi a
partire dai primissimi mesi di vita, dell'adolescenza, etc) con quelle di
persone anziane. C'è da aggiungere infine che in base all'attuale sistema degli
accertamenti dal punto di vista "legale" le persone con disabilità, al
compimento del 65esimo anno di età vengono considerate esclusivamente anziane e
ciò non tiene assolutamente conto del loro particolare vissuto e delle
situazioni di disagio, diverse, che possono accompagnarle anche nell'età senile.
3.Le proposte specifiche: le proposte previste in
particolare per le persone con disabilità (come l'affido residenziale del
disabile; lo sportello telefonico di ascolto e orientamento gestito da
familiari, l'ospedale a domicilio etc.) riscontrano da parte nostra numerose
perplessità, sia per le motivazioni sopra riportate, sia perché improntate in
un'ottica che rinchiude nuovamente in un circuito prevalentemente assistenziale
la persona e la famiglia e perché distanti dalla realtà, soprattutto in
relazione alla disabilità complessache, ci teniamo a sottolineare, non
significa, necessariamente, disabilità grave secondo un approccio
prevalentemente medico.. Infatti pur essendo la disabilità grave sicuramente di
per sé complessa sotto ogni punto di vista, altrettanto e forse ancora più
complessa è la condizione di vita espressa dalle persone con disabilità
medio-lieve (gravi carenze di pari opportunità, difficoltà nello sviluppo della
capacità di auto-determinazione, gravi limitazioni alla dimensione esistenziale
e affettiva, ecc. ). Gli interventi di cui sopra non sembrano quasi per nulla
ispirati ad un modello che punti all'inclusione sociale delle persone con
disabilità, per un percorso che passi anche per l'inclusione scolastica e
lavorativa e per i giusti sostegni alle famiglie.
4.L'inclusione
lavorativa: nel documento registriamo l'assenza di qualunque tipo di
previsione/proposta al fine di rendere concreto e funzionante il sistema
dell'inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro "vero". Se si
considera però che è accertato che le persone con disabilità rimangono ancora in
misura rilevante escluse dal mercato del lavoro e da qualunque possibilità di
avere accesso al reddito e che le indagini sulla povertà confermano che le
famiglie nelle quali è presente un disoccupato il rischio di impoverimento
aumenta, così come aumenta in presenza di un componente il nucleo che sia in
condizioni di disabilità, è chiaro come iniziative di tal tipo possano
considerarsi importanti e fondamentali per il miglioramento delle condizioni di
vita delle famiglie.
5.La presa in carico saldamente in mano
pubblica: rispetto alle proposte presenti nel documento, riteniamo
importante piuttosto ribadire l'importanza della previsione di un vero e proprio
cambiamento dell'intero sistema dove al centro rimanga, ovviamente, la persona e
chi la rappresenta (se la persona non è in grado di rappresentarsi da sola, e
quindi la famiglia in primo luogo), ma dove le risposte devono essere plurime,
diverse e complementari tra loro, purché coerenti all'obiettivo: la persona
con disabilità difesa da ogni discriminazione, messa in grado di promuovere la
propria vita nella maggiore e migliore condizione possibile di
auto-determinazione e la famiglia della persona con disabilità intesa come luogo
naturale delle relazioni di aiuto e non come elemento sostitutivo e privato del
processo di presa in carico che DEVE RIMANERE SALDAMENTE IN MANO PUBBLICA.
In quest'ottica, il ruolo assegnato ai consultori familiari e ai centri famiglia
appare confuso, povero di risposte e poco adeguato per quanto riguarda la
disabilità, soprattutto laddove si sovrappone con altri strumenti del processo
di presa in carico che da tempo il movimento delle persone con disabilità stan
sollecitando (i punti unici di accesso) e con quanto invece già c'è a livello
territoriale, a partire dagli sportelli di segretariato sociale.
6.Il progetto individuale (art. 14 della L. 328/2000):
la presa in carico globale e continuativa non può realizzarsi se non si attua
quanto definito, dieci anni orsono, dall'art. 14 della L.328/2000 che definisce
la stesura dei progetti individuali per persone con disabilità che devono
considerare anche le risorse e i bisogni della persona con disabilità e della
sua famiglia.
7.La revisione del sistema degli accertamenti
(art. 24 L. 320/2008): riteniamo che sia assolutamente prioritario ed
urgente, al fine di attuare qualunque tipo di intervento sulle persone con
disabilità e loro famiglie, attuare la revisione, già prevista dalla l. 328 del
2000, degli attuali criteri e procedure connesse all'accertamento
dell'invalidità civile, operando in primo luogo per promuovere l'implementazione
e l'utilizzo dell'ICF e ICF-CY e di altri sistemi (collaudati e validati, come
ad esempio le SIS – scale dell'intensità dei sostegni) che consentano di
determinare "qui e ora" l'intensità, la tipologia e la frequenza dei sostegni
necessari a promuovere livelli superiori di qualità della vita delle persone con
disabilità. Da questo punto di vista esprimiamo qui preoccupazioni e perplessità
di fronte a ciò che in questi giorni sta accadendo in molte famiglie al cui
interno sono presenti persone con disabilità a seguito delle iniziative
dell'INPS che esercita il proprio legittimo potere di verifica circa il possesso
dei requisiti previsti dalle norme per l'accesso ai benefici. Esiste già una
norma, da noi bene accolta, nel suo insieme, che prevede l'esonero delle visite
di verifica per tutti coloro che rientrano in uno dei 12 gruppi di patologie che
generano condizioni di salute e di funzionamento irreversibili e invalidanti
(D.M. 2 agosto 2007). Leggendo però le linee guida operative dell'INPS
sull'invalidità civile (con criteri che, se applicati in modo acritico e
"burocratico" ridurranno la platea dei beneficiari pur in presenza di complesse
e gravi condizioni personali e sociali) e constatando che migliaia di famiglie
con disabili sono chiamate a visita nonostante si tratti di persone che,
purtroppo, non muteranno di molto la loro condizione di vita, ci chiediamo se,
alla vigilia di un appuntamento così importante come la Conferenza di Novembre,
non vi sia un comportamento contradditorio da parte dello Stato che da un lato
prevede importanti azioni di sostegno, e dall'altra comprime gli spazi di
tutela, peraltro già esigui (con la pensione di invalidità e l'indennità di
accompagnamento una persona con disabilità "campa" con meno di 25 Euro al
giorno!)
8.Il concorso alla spesa: nel documento
vengono, giustamente, prese in considerazione una serie di misure volte a dare
sollievo alle famiglie, anche dal punto di vista economico. Riteniamo che un
intervento di tale tipo non possa prescindere dalla risoluzione della questione
del concorso alla spesa (oggi fonte di incredibili iniquità, discriminazioni e
contenziosi), anche superando la diatriba (che pure chiediamo venga rapidamente
risolta) tra chi sostiene che la normativa in materia sia "incompleta" e chi
invece invoca il principio della gerarchia delle fonti (D.Lgs.109/1998 e
D.Lgs.130/2000: manca davvero una norma che definisca l'ambito di applicazione
del principio del "reddito individuale" oppure, come noi sosteniamo e come
sostengono ormai anche alcune sentenze, il principio fissato per Legge deve
essere comunque rispettato?) e realizzando concretamente delle forme di pari
opportunità, valutando se pagare o meno un servizio o una prestazione crea
discriminazione a danno della persona con disabilità rispetto a quella non
disabile che utilizza servizi/prestazioni assimilabili (per esempio: la
frequenza di un servizio diurno sociosanitario, è paragonabile alla frequenza di
una scuola media superiore, o di una Università, o di un luogo di formazione
professionale? Se sì, perché vi sono differenze di costo sino a tre/quattro
volte tra le persone con disabilità e quelle senza disabilità?) e chiarendo che
la compartecipazione al costo, laddove prevista, deve essere sempre basata sul
reddito della sola persona con disabilità (escluse eventuali provvidenze
economiche ed indennità) simbolica e sostenibile.
9.L'impoverimento delle famiglie: al punto sopra si lega
strettamente la necessità della conduzione di ricerche sociali in merito alle
condizioni di vita materiale delle persone con disabilità e delle loro famiglie,
esposte più di altre a processi di impoverimento che producono ancor più
esclusione sociale.
10.Più tempo per la famiglia:
questo tema riveste per noi importanza decisiva: affrontare a tutto campo il
rapporto tra tempo dedicato al lavoro e tempo di vita (e quindi individuare ed
affrontare le situazioni dove più acuto è il divario tra esigenze della persona
con disabilità e esigenze della famiglia che se ne prende cura) significa
incominciare ad esaminare nel dettaglio le condizioni entro le quali la famiglia
al cui interno è presente una persona con disabilità svolge il proprio ruolo e
capire quali siano le difficoltà e le strettoie che vanno risolte e superate.
Pur in presenza delle autonomie regionali sancite dalla L.Cost. 3/2001 occorre,
quindi, un intervento dello Stato che ri-definisca gli attuali strumenti di
organizzazione del lavoro (p.e. istituto del part-time) e che riesamini l'intera
materia dei congedi e dei permessi. Riteniamo sia, inoltre, fondamentale,
eliminare le divergenze tra settore pubblico e privato (INPSD e INPS) su alcuni
aspetti legati all'erogazione dei permessi e dei congedi (p.e. lavoratori
part-time) e prevedere di considerare usurante prendersi cura di una persona con
grave disabilità. Sarebbe necessario, inoltre, prevedere ed approfondire le
misure, cui si accenna anche nella bozza di Piano, per garantire che le persone
che lavorano possano dedicare i giusti tempi e spazi al volontariato ed
associazionismo, al fine di superare l'attuale sistema che vede impegnate quasi
esclusivamente persone in pensione/che non lavorano e non garantisce il giusto
spazio alle famiglie giovani, sempre più isolate e freneticamente avvolte dalle
necessità di sussistenza familiare. Riguardo alla possibilità di una
anticipazione dei tempi della pensione per familiari con congiunti con
disabilità sarebbe già una buona cosa riprendere e approvare rapidamente il
disegno di legge n.2206 già approvato dalla Camera dei Deputati in data 19
maggio 2010 "norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente
disabili").
11.Le giovani famiglie: un punto che
merita particolare attenzione e che nel documento non viene direttamente
affrontato, è quello relativo alle giovani famiglie, le quali sono esposte a
molte vulnerabilità e necessitano di supporto e presa in carico spesso già in
fase prenatale (al momento della prima diagnosi di disabilità che avviene
tramite gli strumenti scientifici oggi a disposizione e che possono porre di
fronte alla difficile scelta di mettere o meno al mondo un bambino con
disabilità), al momento della nascita (la comunicazione della diagnosi, la presa
in carico precoce ed immediata del bambino con disabilità) ed all'intero
delicato e fondamentale periodo dei primi anni di vita del proprio figlio con
disabilità.
12.Il "durante noi" e il "dopo di noi":
nel documento non viene per nulla affrontato e non vengono evidenziate proposte
in merito al "dopo di noi", ovvero la situazione delle persone con disabilità
rimaste orfane o con genitori anziani che non sono più in grado di prendersene
cura e che spesso a loro volta necessitano loro stessi di assistenza. In
quest'ottica, è assolutamente indispensabile che si prevedano i giusti
interventi, frutto del processo di presa in carico di cui sopra, affinché si
promuova il "durante noi", ovvero il raggiungimento della massima autonomia
possibile delle persone con disabilità e si garantisca alle stesse di vivere in
ambienti che siano il più possibile vicini e simili a quelli familiari,
superando, di fatto, la condizione che ancora oggi le vede inserite in
"istituti" e simili. A tal proposito, pur mantenendo alta l'attenzione in merito
alle disabilità gravi e complesse che richiedono risposte ad alta complessità
assistenziale e sanitaria, sarebbe necessario promuovere interventi volti alla
creazione di innovative formule abitative che prevedano per le persone con
maggiore autonomia la costituzione di piccoli nuclei all'interno delle normali
abitazioni (anche di proprietà della famiglia di origine), nei condomini e
quindi in condizioni di massima inclusione sociale. Al di là delle autonomie
regionali, quindi, occorre che lo Stato definisca un programma specifico di
intervento straordinario a carattere pluriennale che renda concreto non solo il
sostegno alle famiglie, ma, contemporaneamente, il diritto della persona con
disabilità alla propria vita al di fuori della famiglia.
27 ottobre 2010
Per saperne di più
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Nazionale della Famiglia