Fonte www.superabile.it - Le persone che usufruiscono di pensioni di inabilità dovranno fare riferimento, per capire se hanno o meno diritto all'assegno mensile, al proprio reddito individuale e non a quello familiare, considerando cioè anche quello del coniuge.

La precisazione arriva da palazzo Chigi, dove il Consiglio dei ministri - su proposta del ministero del Welfare - ha deliberato di risolvere l'annosa questione, che si trascina da tempo, sulle differenti interpretazioni relative al cumulo del reddito del coniuge nella considerazione del tetto reddituale massimo per ottenere il beneficio economico.

"Abbiamo reso più coerente - ha affermato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini - l'indicazione sul limite di reddito per chi fruisce di pensioni per l'inabilità, in modo che sia calcolato in base al reddito individuale e non sul reddito familiare".

L'intervento del governo chiude un caos interpretativo che aveva causato non pochi malumori nei mesi scorsi, in particolare a partire dal dicembre 2012 quando una circolare dell'Inps (n. 149/2012) annunciava che dal primo gennaio 2013 sarebbe stata assegnata la pensione agli invalidi con un reddito familiare, e non più personale, non superiore ai limiti di legge (quest'anno pari a euro 16.127,30). La decisione era poi stata messa sospesa (messaggio Inps n. 717/2013) su indicazione del ministero del Lavoro, che aveva aperto un'istruttoria sul tema.

La revisione dei criteri da parte dell'Inps era nata in adeguamento alle diverse sentenze della Corte di Cassazione che avevano visto l'ente di previdenza prevalere in giudizio su questioni attinenti proprio alle condizioni economiche per il riconoscimento della pensione d'inabilità. Una decisione, che aveva visto scendere sul piede di guerra diverse associazioni, che denunciavano come considerare anche il reddito del coniuge volesse dire togliere l'invalidità a migliaia di aventi diritto.

Nel marzo scorso la questione era arrivata in Parlamento, con la proposta di legge 538 (prima firmataria Margherita Miotto, Pd) che puntava a risolvere la vicenda. Contestualmente però al dicastero del Welfare il lavoro era andato avanti, fino ad approdare nel provvedimento chiarificatore assunto oggi dal Consiglio dei Ministri. Partita chiusa. Almeno si spera.

27 giugno 2013