Fonte - www.cittadinanzaattiva.it - Cittadini costretti a sacrificare la propria salute per tempi lunghi e costi insostenibili, quasi ad abituarli progressivamente al privato, a fronte di un servizio pubblico, quale è il Servizio Sanitario Nazionale, che ha sempre più difficoltà a garantire l’accesso alle prestazioni: liste di attesa in aumento, ticket eccessivamente gravosi, presunta malpractice, assistenza territoriale in affanno e servizi per la salute mentale fuori uso. E’ questo il quadro generale che emerge dalla 18° edizione del Rapporto Pit Salute “Sanità pubblica, accesso privato”, presentato oggi a Roma dal Tribunale per i diritti del malato–Cittadinanzattiva.

Continuano ad aumentare rispetto al 2013 le difficoltà riscontrate dai cittadini ad accedere alle prestazioni sanitarie pubbliche: le liste di attesa rappresentano la voce più consistente tra le difficoltà di accesso e riguardano in particolare esami molto diffusi come ecografie con attese medie di nove mesi, ma anche esami molto importanti e delicati come risonanze magnetiche e TAC, con tempi insostenibili soprattutto per quanto riguarda l’area oncologica dove si registra un aumento di segnalazioni anche per radioterapia, chemioterapia e accesso ai farmaci oncologici (dal 9,4 al 12%).

Su oltre 24mila segnalazioni giunte nel 2014 ai PIT salute nazionale e regionali e alle sedi locali del Tribunale per i diritti del malato, un quarto (25%) riguarda le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie determinate soprattutto da liste di attesa(58,7%) e ticket(31,4%). I ticket sono considerati dalle persone come una vera e propria tassa sulla salute, e rappresentano un ostacolo all’accesso alle prestazioni: un peso sempre più insostenibile per i redditi delle famiglie,nonché un paradosso del Servizio Pubblico che respinge i cittadini e li indirizza verso il privato o l’intramoenia, talvolta persino più convenienti per costi o per attese. “Esiste un problema di accesso alle prestazioni pubbliche, e cosa si fa? Si rinuncia nel 2016 all’ incremento del Fondo Sanitario di due miliardi previsto dal Decreto Enti Locali approvato appena tre mesi fa e che avrebbe potuto eliminare il superticket di 10 euro, riportando il Servizio Sanitario Pubblico ad essere la prima scelta per i cittadini”, ha commentato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.

“Con il Decreto Appropriatezza e con la revisione del Prontuario Farmaceutico Nazionale”, ha continuato, “si riducono le prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale, spostando ancora una volta i costi sulle famiglie. Appare chiaro quindi che il Servizio Sanitario Nazionale è considerato sacrificabile e i diritti anche. Con il DDL sulla responsabilità professionale e la conseguente inversione dell’onere della prova sul cittadino, sarà ancor più complicato avere accesso al diritto al risarcimento del danno subito, scaricando sul soggetto più fragile il peso di dover dimostrare la dinamica dei fatti, pur sapendo che non ha gli strumenti per farlo.”

Anche gli ospedali sono alle prese con evidenti difficoltà: lunghe attese al Pronto Soccorso e attività di ricovero sempre più critica per la riduzione dei servizi e del personale. In affanno anche le Asl (26% nel 2013, 35,3% nel 2014): i problemi che solitamente caratterizzavano l’accesso alle strutture ospedaliere, soprattutto in termini di visite specialistiche ed esami di diagnostica, si riversano anche sugli ambulatori che risentono della mancanza di fondi per il personale e per il rinnovo o l’acquisto delle apparecchiature. L’assistenza territoriale, che ha visto negli anni un aumento delle risorse ad essa destinate, rappresenta la terza voce maggiormente segnalata, facendo emergere una situazione di complessiva inadeguatezza del servizio. Gli ambiti maggiormente critici, rispetto all’assistenza ricevuta, riguardano i medici di famiglia ed altri servizi molto importanti come quelli per la salute mentale. Esiste poi un tema trasversale che attraversa tutto il rapporto, vale a dire i costi che devono sostenere per curarsi, primi fra tutti quelli per farmaci e per i ticket su diagnostica.

Liste di attesa 

All'interno dei dati sulle difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie (al primo posto nella classifica dei problemi segnalati con il 25%), le segnalazioni sui lunghi tempi di attesa restano ancora al vertice delle preoccupazioni dei cittadini (58,7%), quasi ugualmente ripartite fra esami diagnostici (36,7%), interventi chirurgici (28,8%) e visite specialistiche (26,3%). Per quanto riguarda i tempi medi di attesa per gli esami diagnostici, i cittadini devono attendere in fino a 13 mesi per una risonanza magnetica. Tempi che rischiano di compromettere il senso stesso dell’ipotesi di prevenzione o di diagnosi tempestiva, e comunque spingono il cittadino (solo quello che può permetterselo) al ricorso alla sanità intramuraria o addirittura privata.

Ticket

Il secondo ostacolo all'accesso alle prestazioni è rappresentato dal problema dei ticket, con il 31,4% delle segnalazioni: per il 2014, il 42% sul totale dei contatti segnala problematiche che riguardano i costi elevati e gli aumenti dei ticket per diagnostica e specialistica. Nel 29,3% le segnalazioni riguardano problemi nell’ottenere informazioni corrette e complete sulle esenzioni dal pagamento dalla partecipazione alla spesa sanitaria; il 17,8% (12,9% nel 2013) segnala invece che esistono prestazioni troppo care, e troppo numerose, che non sono oggetto di esenzione (prestazioni a costo pieno). Infine, vengono segnalati i casi per cui, per imperizia del medico che prescrive o per mancata indicazione dei cittadini stessi, si verifica una mancata applicazione dell’esenzione al ticket: 10,9% contro l’ 8,6% del 2013.

“Ci vogliono abituare a considerare l’intramoenia e il privato come normali canali di accesso alle prestazioni sanitarie di cui si ha bisogno”, ha ancora commentato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.”Le difficoltà di accesso anche in oncologia sono un grave campanello di allarme purtroppo inascoltato. E’ ora di porre la stessa attenzione riservata agli aspetti di gestione economica, a una politica nazionale seria e misurabile per migliorare l’accesso ai servizi, a partire da un governo forte e trasparente dei tempi di attesa non solo su diagnostica e specialistica, ma anche sui ricoveri, dove ancora le agende sono gestite dai singoli reparti e su carta, ADI e Pronto Soccorso. Di fronte ad un Piano di Governo dei tempi di attesa fermo al 2012 l’urgenza oggi è fare bene le cose che servono davvero. Per noi sono tre le azioni concrete che si devono mettere in atto subito: blocco immediato dell’attività libero professionale (intramoenia) in caso di superamento del rapporto tra attività in libera professione e in regime istituzionale e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi previsti dalla legge; garantire l’erogazione di prestazioni anche il sabato e la domenica, oltre che durante l’intero arco della giornata dal lunedì al venerdì; prevedere una gestione centralizzata ed informatizzata delle agende di ricoveri e interventi chirurgici, superando l’uso delle agende cartacee al fine di garantire maggior certezza e trasparenza dei tempi di chiamata, oltre che migliorare la produttività”.

Presunti errori diagnostici e terapeutici

Al secondo posto (15,4%) le segnalazioni sulla presunta malpractice. Pesano ancora in modo preponderante in questa area i presunti errori terapeutici e diagnostici con il 64,1% delle segnalazioni; a seguire, con il 17%, le segnalazioni relative alle condizioni delle strutture; alle disattenzioni del personale sanitario (12,7%, +2,3% su 2013), alle infezioni nosocomiali (3,8%) e da sangue infetto (2,7%). Il 59,5% riguarda i presunti errori terapeutici, in particolare nell’area ortopedia, chirurgia generale e oculistica; il 40,5% riguarda invece i presunti errori diagnostici, in particolare nell’area dell’oncologia, ortopedia, ginecologia e ostetricia.

Assistenza territoriale

Al terzo posto nelle preoccupazioni dei cittadini (15,3%). In particolare, l’assistenza sanitaria di base (medici di famiglia e pediatri) fa registrare un chiaro aumento del volume di segnalazioni, dal 25,7% del 2013 al 30,1% del 2014, soprattutto perché i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione. Il dato sulla riabilitazione (18%) continua a evidenziare in particolare i disagi legati alla mancanza o scarsa qualità dei servizio in ospedale o alla difficoltà nell'attivazione di quello a domicilio. Una voce molto importante è quella che si riferisce ai servizi per la salute mentale, con il 13,9% delle segnalazioni per il 2014, a fronte di un problema ormai cronico e ingravescente a causa della mancanza di risorse e personale destinati a quest’area di servizi; fra le criticità più segnalate appaiono il ricovero in strutture inadeguate (dal 22,2% del 2013 al 27,9% del 2014), la difficoltà di accesso alle cure pubbliche (in aumento dal 17,5% al 19,7% del 2014) e i problemi relativi alle procedure di Trattamento Sanitario Obbligatorio (dal 14,3% 2013 al 16% del 2014).

Assistenza ospedaliera

Le segnalazioni in quest’area registrano un incremento, e dal 13,1% del 2013 arrivano al 13,4%, sintomo che la riorganizzazione della rete ospedaliera non sempre è avvenuta ponendo attenzione agli effetti sui cittadini, ma al solo contenimento dei costi. Il 75,4% lamenta un problema relativo ai servizi ricevuti in ospedale, mentre il 24,6% ha segnalato problemi di mobilità sanitaria, quindi difficoltà di accesso ai servizi in luogo diverso da quello di residenza (fuori regione e all’estero). Nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, la rete emergenza-urgenza è quella che presenta maggiori problematiche, con il 50,7% del totale dei contatti del 2014: l'attesa per l'accesso al pronto soccorso rappresenta il più rilevante dei problemi, ed è ritenuta eccessiva nel 47,5% dei contatti (40,7% nel 2013.

I rifiuti dell’assistenza sanitaria

La parola che i cittadini si sentono ripetere più spesso, e che attraversa l’intero rapporto, è “rifiuto”; in particolare il rifiuto nell’erogazione di prestazioni. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria di base, si registra un aumento di segnalazioni riguardanti il rifiuto di visita a domicilio (dal 23,3% del 2013 al 28,3% del 2014) ed il rifiuto di effettuare prescrizioni (dal 17,8% del 2013 al 24,5% del 2014) da parte del medico di medicina generale. Questa crescita di percentuale è indice di un accrescimento delle difficoltà riscontrate dai cittadini e di frizioni che sicuramente non sono produttive, nell’ottica di aumentare la qualità del rapporto medico-paziente. C’è chi dice no anche per i ricoveri: con il 37,9% delle segnalazioni (in aumento rispetto al 28,8% del 2013) si rifiuta il ricovero perché non ritenuto necessario perché, secondo i medici, la prestazione può essere erogata dai servizi territoriali, che però non sono sempre in grado di offrirli; dall’altra, con il 20%, troviamo il rifiuto del ricovero per tagli ai servizi (mancanza posti letto, chiusura reparti, accorpamenti presidi, scarso personale). Rifiuti si registrano anche nell’ambito della mobilità sanitaria: il 71,4% dei cittadini segnala la difficoltà di curarsi fuori regione, mentre il 28,6% segnala difficoltà di effettuare cure all’estero. Gli ostacoli maggiori riguardano i rifiuti nell’ottenimento dei rimborsi delle spese (55,9%) e i dinieghi di autorizzazione da parte delle Asl (26,5%). Il rifiuto riguarda anche l’accesso alla documentazione, con il 31,7% delle segnalazioni, e interessa soprattutto il rilascio delle informazioni cliniche del paziente (cartella clinica e referti in primis). Le amministrazioni appaiono dunque sorde nei confronti del rispetto del diritto di accesso da parte dei cittadini alle informazioni e alla documentazione che li riguarda. Di fronte ai rifiuti, le persone sottolineano di non aver avuto sufficienti motivazioni.

I costi

L’11,3% delle segnalazioni giunte al PiT Salute riguarda i costi a carico dei cittadini per accedere ad alcune prestazioni sanitarie. La tabella che segue consente di visualizzare quali sono le voci di spesa che pagano di tasca propria i cittadini nell'accesso alle cure e servizi di cui hanno bisogno. L’accesso ai farmaci appare l’ambito maggiormente gravoso in termini economici ed è stato segnalato dai cittadini nel 26,6% dei casi. Nel 2014 è stata, inoltre, riscontrata una crescente incidenza del 13,6% della compartecipazione a carico del cittadino (comprensiva del ticket per confezione e della quota a carico del cittadino eccedente il prezzo di riferimento sui medicinali a brevetto scaduto) rispetto al 12,7% registrato nel 2013. Il peso dei ticket sulla diagnostica e la specialistica (21,3%) è il secondo settore segnalato dai cittadini come eccessivamente gravoso dal punto di vista economico e sta diventando un vero e proprio ostacolo alle cure. I costi per le prestazioni in intramoenia (18,9%) appaiono allo stesso modo eccessivi per i cittadini, costretti tuttavia a sostenerli per poter rispondere tempestivamente ai bisogni di cura che il servizio pubblico non è in grado di soddisfare. Segue la mobilità sanitaria (10,4%) in cui sono condensate le segnalazioni che riguardano la difficoltà di anticipare le spese di viaggio e alloggio, la burocrazia e i ritardi per ricevere i rimborsi da parte delle ASL e l’autorizzazione per accedere alle cure all’estero o fuori regione.

Per approfondire

Scarica l'infografica del Rapporto Pit

17 Novembre 2015