Fonte www.vita.it - Volontariato 2011, il ritorno dei giovani. E l'ingresso degli anziani. Sono queste i due trend principali che emergono nel giorno in cui si festeggia la giornata internazionale del volontariato e in Italia si ricordano i vent'anni della legge 266, che lo riconosce e lo disciplina. Nei giorni scorsi, dalle stanze del Palazzo Reale di Milano Enrico Finzi, presidente di AstraRicerche, ha messo nero su bianco un crollo degli italiani che fanno volontariato: -10% negli ultimi due anni. Colpa sì di un crescente «santo egosimo» (la ricerca lo misura), cioè del disinteresse ostentato di chi «non dà nulla, né tempo né soldi, semplicemente perché non vuole dare», ma colpa eminentemente della crisi. Tant'è che «l'emorragia» riguarda soprattutto il volontariato adulto, fra i 30 e i 55 anni, «quelli cioè che devono affrontare la massima concorrenza di problemi: l'indebolimento del proprio reddito, i figli senza lavoro, i genitori anziani da accudire».

Nello stesso periodo, al contrario, continua Finzi, c'è stato un aumento «lieve ma reale» dei giovanissimi e una «oserei dire esaltante crescita del volontariato senile, tra i 55 e i 60 anni, fascia d'età che oggi rappresenta il 26,4% del totale dei volontari. In questa fascia d'età gli anziani che fanno volontariato sono 2,5 milioni: più dei 2,3 milioni aiutati dalle associazioni di volontariato stesse».

Le due tendenze positive sono confermate anche da una ricerca recente del CsvNet, curata da Andrea Salvini dell'Università di Pisa e presentata in occasione del lancio di "Dammi spazio", il progetto di CsvNet per la promozione del volontariato giovanile: dal 1999 al 2010 i ragazzi tra i 14 e i 17 anni che fanno volontariato sono aumentati di un punto percentuale (da 6,3% a 7,3%) e quelli di 18-19 anni addirittura di 3,4 punti percentuali, passando dall'8,4% al 11,8% (+40%); nello stesso periodo i volontari over60 sono balzati dal 4,3% all'8,7%, praticamente raddoppiati.

Nuovi trend

L'allarme sullo stato di salute del volontariato non spaventa però più di tanto un altro osservatore tecnico come Riccardo Guidi, giovane presidente della Fondazione Volontariato e Partecipazione, creata da Centro nazionale per il volontariato, CsvNet e Cesvot, a sua volta volontario nel commercio equo e solidale. «Il volontariato è ancora capace di attrarre e coinvolgere, anche se certo ci sono delle difficoltà». Il suo riferimento, per essere «ottimista», è l'indagine annuale Aspetti della Vita Quotidiana (AVQ), presentata dall'Istat a inizio agosto. In quella rilevazione è risultato che nel 2010 gli italiani che han fatto volontariato sono stati un 10% tondo tondo: dieci anni fa erano l'8,4%. Sono cinque milioni e 177mila italiani. In confronto al dato ufficiale più recente che abbiamo (in attesa del secondo censimento delle non profit, annunciato dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini per la primavera 2012), quei 3.315.327 volontari dell'ottavo censimento dell'industria e dei servizi del 2001, fa comunque un rilevantissimo +56%.

Due sono per Guidi i punti critici e due invece i trend emergenti. Critici sono le «storiche ma persistenti disparità territoriali», con un Sud ancora troppo in difficoltà e «la fatica nel coinvolgimento di donne e anziani». Posto che ormai da anni il volontariato è un fenomeno che riguarda gli adulti più che i giovani e che i maggiori livelli si registrano tra i 45 e i 64 anni, la serie storica delle indagini AVQ documenta il calo della partecipazione famminile: «Anche sul volontariato incide l'assenza di politiche di sostegno alla famiglia. Le volontarie che non ci sono sono le nonne che sono a casa a curare i nipotini e i genitori non autosufficienti. In termini di prospettiva demografica è importante tenerne conto».

Il volontariato municipale

Quanto ai trend emergenti, Guidi segnala il fatto che, al contrario di ciò che si pensa, il volontariato è un fenomeno più «della piccola Italia municipale che della grande Italia metropolitana», (la punta massima del 12,6% si registra nei Comuni tra i 2 e i 10mila abitanti), «segno che i legami di comunità sono vivi, in modi che non fanno notizia ma che hanno numeri importanti».

Venendo alle aree di attività, la grande novità del «volontariato per i beni comuni». Leggerlo solo come un'evoluzione del volontariato green sarebbe un errore, perché non vedrebbe il nuovo profilo chi partecipa, «giovane e smart, attenti più alla salute del territorio e della comunità che del singolo, più alla comunicazione pubblica che alla relazione duale» e la «capacità di calamitare saldature inaspettate con associazioni di volontariato tradizionali e attive in tutt'altro campo, come sta accadendo con Anpas, e di fare una advocacy territoriale con grandissime possibilità di generare appartenenze trasversali».

6 dicembre 2011