Fonte VITA (del cui Comitato Editoriale Anffas è parte) - Un grosso sasso nello stagno: questo è stata la recente Relazione della Corte dei Conti sulla legge 112/2016, nota come legge sul “dopo di noi”. A fine 2022, la Deliberazione n. 55/2022/G ha documentato come su 390 milioni di euro stanziati dalla legge per il periodo 2016-2021 soltanto 240 milioni sono stati trasferiti ai territori. E i beneficiari effettivi delle prestazioni erogate siano stati soltanto 8.424, nemmeno il 10% della platea potenziale dei destinatari, stimata tra i 100 e i 150mila soggetti nella relazione tecnica alla legge n. 112/2016.

Fish, Fand e Fia hanno promosso il convegno “La Legge sul Dopo di Noi: tra aspettative e realtà” (qui il video integrale della diretta), «per fare prendere a tutti coscienza e consapevolezza che le persone con disabilità e i loro familiari non possono più attendere per vedere predisposti e attuati loro progetti di vita, soprattutto per avere accesso alle misure previste dalla Legge 112/16», spiega Vincenzo Falabella, presidente della Fish. Intorno al tavolo c’erano la politica, i tecnici, le associazioni. C’era la stessa Corte dei Conti, con la consigliera Carmela Mirabella che ha redatto la relazione. «Stiamo già lavorando con il nostro Ufficio Legislativo e con il Centro Studi Giuridici per stendere delle proposte emendative e avviare una consultazione con il Parlamento al fine di migliorare la norma, anche alla luce delle osservazioni mosse dalla Corte dei Conti», dice Falabella.

Cosa non funziona nella legge 112/2016?

Le risorse non vengono spese perché la macchina amministrativa è molto complessa e non consente l’attivazione di processi e percorsi che possano costruire il dopo di noi. Luca Vecchi, sindaco di Reggio-Emilia e delegato Anci per il Welfare è stato sincero nel dire che l’Emilia Romagna, che pure è tra le regioni più attente al sociale, fa fatica a garantire un dopo di noi pieno e reale. Occorre un organo di controllo e verifica - non come repressione ma come pungolo propositivo - nei confronti delle amministrazioni locali, un po’ come ci sono i Nas per le mense, perché davvero si dia la giusta attenzione a un tema così importante.

La ragione principale di questa mancata spesa qual è?

I comuni non sono in grado di sostenere amministrativamente la procedura. Sui territori c’è un vulnus amministativo per cui non riescono a colmare la distanza che si crea tra ricevere le risorse e spenderle. Abbiamo visto come manchi una strutturazione amministrativa, anche gerarchica, nel processo che dal centro arriva al territorio, alle persone. Noi non vogliamo assolutamente buttare il bambino con l’acqua sporca, con la 112/2016 c’è stato un cambio di paradigma importante. Prima di quella legge le persone con disabilità, quando venivano a mancare i familiari, erano davvero solo delle “rette”, venivano prese e messe nelle strutture. La 112/2016 è un volano per la deistituzionalizzazione, naturalmente con un progetto di vita. Invece… a volte i comuni spendono per altro le risorse; a volte fa comodo non avere i numeri della platea, per mantenere le risorse invariate; a volte non si programma adeguatamente; a volte la macchina pubblica si inceppa nella coprogettazione e nella coprogrammazione, perché spesso gli enti locali lì entrano in affanno ma non vogliono essere aiutati dal movimento associativo che pure ha una sua esperienza. Dobbiamo cambiare approccio, dobbiamo coprogettare e coprogrammare. Le buone prassi, lo abbiamo visto in questi anni, si hanno quando entrano in gioco le famiglie e le associazioni: anche Tiziano Vecchiato di Fondazione Zancan, quando afferma che da solo il pubblico non può bastare a garantire la sostenibilità economica per il dopo di noi, dice come un salto di qualità può essere fatto solo così, con il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni. Oltre a ciò, abbiamo in corso due importanti riforme, quella sulla disabilità e quella sulla non autosufficienza, con cui anche la legge 112 deve coordinarsi.

Qual è stato l’obiettivo del convegno di ieri?

Entrare negli aspetti tecnici, finalmente. Analizzare le criticità e vedere come superarle, rendendo la norma davvero conforme ai bisogni delle persone con disabilità. Da un lato sono stati evidenziati gli aspetti giuridici privatistici e quelli giuridici pubblici, con al centro le organizzazioni che devono far convergere gli aspetti di diritto privato e di diritto pubblico in una norma che possa realmente soddisfare i bisogni dei cittadini. La seconda patre del pomeriggio ha posto l’attenzionare sul fatto che il dopo di noi e i sostegni da garantire alle persone con disabilità non possono essere avulsi da un progetto di vita e da un pieno percorso di vita indipendente. Insomma, bisogna partire dal durante noi per arrivare al dopo di noi.

Su cosa punteranno le proposte emendative alla legge?

Occorre rivedere tutto l’aspetto fiscale, dei trust e delle donazioni… Vorremmo puntare a prevedere una tassazione pari a zero per l’acquisto della prima casa se questa è una persona con disabilitò o se la casa è dedicata ad utilizzo esclusivo di una persona con disabilità, sulla falsariga di quanto avviene per gli under36. Risolvere piccole incongruenze che ci sono nell’utilizzo dei trust, ricordando che le nostre famiglie sono famiglie impoverite, non vogliono eludere nulla ma solo mettere a disposizione dei loro figli i risparmi che hanno messo da parte. La ministra Locatelli aveva già manifestato l’intenzione di istituire un tavolo specifico sulla 112, coinvolgendo altri ministeri. Noi, dopo la giornata di ieri, costruiremo un documento per poter avviare al nostro interno la scrittura di alcune migliorie da proporre.