Il 26 settembre u.s. si è tenuto il Convengno "Prenderso cura di chi si prende cura. Famiglie, associazioni e servizi di fronte alla crescita della persona disabile adulta: l'improtanza del sostegno alla famiglia" (tema quanto mai imprtante ed attuale). L'evento, organizzato da Anffas PAderno Dugnano, ha riscosso notevole interesse da parte della cittadinanza nonchè dell'Amminstrazione pubblica. A questo proposito, riportiamo di seguito il resoconto dell'evento curato dalla dott.ssa Monica Simionato, psicologa, seguito da una breve rassegna stampa.

Serata Anffas Paderno del 26 Settembre 2008
PRENDERSI CURA DI CHI SI PRENDE CURA
Famiglie, associazioni e servizi di fronte alla crescita della persona disabile adulta: l'importanza del sostegno alla famiglia.


Quest'anno il tema scelto dal Direttivo dell'Associazione è stato un tema trasversale e, per certi versi, innovativo e coraggioso: "prendersi cura di chi si prende cura". Tutti gli interventi hanno contribuito a far cogliere le diverse e complesse sfumature della cura. In particolare l'intervento di Igor Salomone, pedagogista, ha coinvolto i presenti non solo in una discussione teorica, ma attraverso l'intreccio della sua esperienza professionale con quella personale di genitore di una bambina disabile. Esperienza descritta nel suo libro "Con occhi di padre". La riflessione credo abbia aiutato a non perdere di vista alcuni aspetti importanti al fine di favorire la crescita dei figli. In primo luogo disabili, ma non solo. Innanzitutto, è importante che la cura non sia esclusiva, ovvero che non ci sia una sola persona che si prenda cura del figlio. Questo puo' avvenire attraverso un costante esercizio o "disciplina del mollare", del passare il testimone della cura. La prima palestra per esercitarsi in questo senso è la famiglia, attraverso un gioco di squadra tra il materno e il paterno, la madre e il padre. La specificità dell'inserimento di un "terzo" sguardo, quello paterno appunto, all'interno della cura "a due" che, nei primi anni è specificatamente materna, aiuta a non guardare solo "le mani", l'accudimento, il fare, il presente con tutte le sue incombenze. Ma inserisce lo sguardo in prospettiva, "alzando lo sguardo" sul futuro. In seguito, con la crescita dei figli, è importante che si aggiungano altre figure significative (operatori, insegnanti, volontari, vicini di casa, amici, ecc.) che contribuiscano alla creazione di una "rete" di riferimento e, in ultima analisi, a creare un tessuto sociale socialmente ricco e attivo. Perché, come è stato ribadito, la disabilità non sia un problema privato ma abbia una dimensione sociale. La ricchezza di queste riflessioni è passata anche da una suggestione cinematografica, ovvero attraverso l'analisi pedagogica del film di Pupi Avati, uscito da poco nelle sale, "Il papà di Giovanna" che descrive con grande maestria cio' che si dovrebbe fare in modo di non fare, cioè la costruzione di un universo chiuso tra genitore e figlio, in questo caso con l'esclusione dell'altro genitore e di tutto il mondo esterno. Tanto da portare la storia ad un epilogo drammaticamente negativo. Ecco, allora, guardare a cio' che non dovremmo, ciascuno per la propria parte, far
accadere, puo' aiutarci a condividere gli sforzi dedicati al prendersi cura di chi in quel momento si sta prendendo cura, anche aiutandolo a lasciare ad altri parte della cura stessa. Dopo il dibattito che ha visto diverse voci testimoniare cio' che, concretamente, implica il prendersi cura, nelle conclusioni si è ricondivisa l'importanza di continuare a sperimentare percorsi in cui si lascia che anche altri "si prendano cura" in maniera diversa del proprio figlio. Senza negare la fatica che, soprattutto in situazione di disabilità, implicano questi percorsi: difficili anche perché mettono molto alla prova, coinvolgendo nel profondo per primi i familiari. Ma, la testimonianza principale di questa serata, credo possa essere stata anche quella di aiutarci "ad alzare lo sguardo" quel tanto che serve a continuare a provarci. Una serata ricca, importante, non solo una serata di approfondimento o di studio. Ma, a mio parere, è stata davvero qualcosa di diverso!

Monica Simionato, psicologa

Per approfondire

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