Fonte www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it - Cosa è cambiato durante il lockdown per una persona con disabilità intellettive e con disturbi del neurosviluppo? Quali servizi ha offerto loro Anffas? E alle loro famiglie? Quali iniziative hanno avuto successo? Lo abbiamo chiesto al Presidente di Anffas Nazionale, Roberto Speziale.

Quali servizi avete offerto durante il lockdown?

"Abbiamo agito su tre fronti: sulle persone con disabilità per aiutarle ad accettare e a familiarizzare con questa nuova e terribile dimensione, sui familiari dove il carico è stato terribile, perchè improvvisamente si è ulteriormente scaricata su di essi la responsabilità della persona con disabilità, e sugli operatori. Anche loro infatti avevano bisogno di attività di supporto e sostegno psicologico".

Come avete aiutato le persone con disabilità?

"Su tutto il territorio nazionale quotidianamente rispondiamo alle esigenze di circa 30 mila persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo. Si tratta di persone con disturbi dello spettro autistico, Sindrome di Down, con gravi lesioni cerebrali. Disabilità complesse che comportano spesso che le persone non siano in grado di svolgere in autonomia in parte o in tutto le proprie attività e quindi necessitino dell'assistenza continua di altre persone. Per chi ha tali disabilità affrontare l'emergenza Covid ha comportato maggiori e diverse difficoltà rispetto al resto della popolazione, anche semplicemente nel realizzare il fatto di dover stare a casa e non dover uscire di casa (per questo Anffas ha pubblicato a inizio lockdown un vademecum). Inoltre sono stati pensati dei corsi online per aiutare le famiglie e le persone con disabilità a gestire lo stress. Per il resto, gran parte dell'attività è stata svolta al telefono con gli operatori che conoscevano i singoli casi e quindi hanno dato una mano nella gestione del quotidiano. Infine, laddove è stato possibile e necessario, abbiamo anche effettuato accessi domiciliari".

Che tipo di stress hanno vissuto queste persone e il loro familiari?

"Bisogna pensare che normalmente un servizio che prima vedeva la presenza di attività per 6 ore giornaliere, con la pandemia si è ridotto a circa 60 minuti di telefonata o accesso domiciliare. Il carico così si è riversato sulla famiglia. Anche noi genitori, perchè anche io sono un genitore, abbiamo dovuto scoprire e capire come convivere in una situazione assai complessa e delicata. Per questo è stato fondamentale avere alle spalle un'associazione ben organizzata che per tutto il periodo è stata in grado di non lasciare solo nessuno. I nostri operatori ed educatori, anche se a distanza o con accessi limitati a domicilio, sono stati in grado di garantire quel mantenimento di rapporto che ha evitato il peggio. I corsi specifici sul tema Coronavirus si sono dimostrati utili anche perchè hanno consentito di socializzare alcune difficoltà.

Abbiamo fin da subito pensato di dare anche un supporto psicologico ai caregiver. Per capire una necessità di questo tipo bisogna pensare che in una situazione quale quella di lockdown, durante la quale si è costretti a vivere per mesi, 24 ore su 24, magari in un locale angusto, le famiglie si trovano a dover gestire una persona con gravi problemi comportamentali che ha necessità invece di avere spazio e di uscire. Problematiche che prima venivano affrontate riducendo il tempo in casa, organizzando delle attività nei centri ricreativi nelle ore diurne. Si immagini quali situazioni si son create. Situazioni che la nostra rete per fortuna ha cercato di supportare immediatamente".

Avete registrato un aumento delle richieste d'aiuto?

"Noi abbiamo un S.A.I.? nazionale, un Servizio Accoglienza e Informazione, prima del Coronavirus avevamo mediamente una persona a settimana che si rivolgeva a questo numero, oggi abbiamo 20 richieste alla settimana, la maggior pare da persone non aderenti ad Anffas. Tra queste, ad esempio, ci ha chiesto aiuto una famiglia composta da padre e madre anziani e un figlio con disabilità, i cui genitori sono stati ricoverati per Coronavirus. Il figlio si è così trovato da solo a casa. È quindi intervenuto il suo educatore che ha dormito da lui fino a che non è stato trovato un posto in un centro residenziale. Se non fossimo intervenuti quella persona sarebbe rimasta sola".

Quali altri progetti specifici sono nati durante il lockdown?

"Ogni associazione sul territorio si è organizzata con progetti specifici in collegamento con gli enti locali, un rapporto prezioso per noi, e così è stato possibile coprogettare insieme ai comuni e alle Asl delle iniziative. In questo modo siamo riusciti a dare risposta non solo ai nostri associati ma a tutte le famiglie e alle persone con disabilità che in quel territorio avevano bisogno. Una delle iniziative più preziose è stata l'apertura di spazi verdi nel momento in cui non si poteva uscire, nei quali grazie ad operatori e volontari queste persone hanno potuto per qualche ora al giorno avere uno spazio per poter uscire di casa e ritrovare il contatto con l'ambiente. Il progetto è partito in Emilia-Romagna, ma grazie ai social e al loro effetto moltiplicatore, molte realtà lo hanno replicato. Per il resto altre associazioni locali si sono organizzate anche per consegnare il cibo e i farmaci".

Quali problemi avete riscontrato come associazione nella fase del lockdown?

"Ci siamo resi conto che le persone che abbiamo aiutato, magari sole, con genitori anziani, non sono mappate, non esiste un censimento. Quindi si lavora andandoli a scovare, a ricercare uno per uno. Inoltre chiaramente in quelle regioni dove il Coronavirus ha colpito più duramente come la Lombardia o il Piemonte e il Veneto, c'è stato un momento in cui l'emergenza è stata più legata agli ospedali ed è stato poco valorizzato il rapporto con il terzo settore tanto è vero che ci sono state segnalazioni da parte delle famiglie che si sono sentite lasciate un po' sole da parte degli enti locali. Se non vogliamo lasciare indietro nessuno bisogna coltivare la rete tra terzo settore ed enti locali, di modo da creare una rete di protezione che sia reale in tutte le zone d'Italia, anche nelle periferie e nelle zone rurali".